Nutrizionisti e pediatri concordano nel consigliare, in particolare ai più giovani, il cui organismo in crescita ha bisogno di un rifornimento energetico più articolato nel tempo, un numero di cinque pasti al giorno, i tre tradizionali – colazione, pranzo e cena – intervallati da due piccole merende.
In questo modo le calorie ripartite durante l’intero arco della giornata potrebbero essere circa il 20% a colazione, il 30% a pranzo, il 30% a cena e il 10% per ciascuna merenda, a metà mattina e metà pomeriggio.
La ricerca scientifica da tempo ha evidenziato che pasti piccoli e frequenti, rispetto a pochi pasti abbondanti, abbassano il colesterolo e migliorano la tolleranza al glucosio. Stimolano inoltre la termogenesi, inducendo un maggior consumo energetico da parte dell’organismo a parità di calorie assunte. L’abitudine a fare due piccole merende tra i pasti principali, inoltre, aiuta ad arrivare agli stessi meno “affamati”, consentendo dunque un maggiore controllo di quanto si mangia. Questo piccolo accorgimento è spesso consigliato alle madri più apprensive che si rivolgono, in modo informale e preventivo, ai consigli del dietologo o del nutrizionista.
Quando e in che misura le merendine italiane possono essere consumate dai bambini nell’ambito di un corretto regime alimentare aiutando ad apportare un corretto fabbisogno energetico?
L’esperienza quotidiana di adulti e bambini mostra che inserendo due piccole merende fra i pasti principali, si riesce a gestire meglio la qualità e la quantità di ciò che si mangia a pranzo e a cena.
E, proprio a questo proposito, Amleto D’Amicis, nutrizionista-epidemiologo e ricercatore INRAN -Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione- afferma: “il consumo di piccoli pasti, commisurati all’esigenza di energia di ciascuno, può contribuire a regolarizzare l’assunzione complessiva di calorie dell’intera giornata.“