Ci sono molte cose che ricordo con gioia della mia infanzia: i giochi nel cortile con orde barbariche di bambini di tutte le età, l’assoluta anarchia dell’estate nei campi e negli androni dei palazzi, il richiamo di mamme e nonne all’ora dei pasti.
Ma io ero fortunata, io avevo una bisnonna. Era lei che stava con me perché tutti gli altri parenti lavoravano. La bisnonna Caterina era quella che sostanzialmente provvedeva ai miei bisogni primari…tra cui, appunto, la merenda.
La merenda si faceva alle 16.30, non minuto in più non minuto in meno …tant’è che quando mi veniva a prendere a scuola (uscivo alle 16.30) arrivava con il sacchetto già pronto in tasca affinché non si sgarrasse sull’orario; la merenda doveva necessariamente essere qualcosa di godurioso, qualcosa che i bambini avessero voglia di fare, da aspettare con trepidazione: pane con burro e zucchero, zabaione fresco, bensone con la marmellata; la merenda doveva essere consumata a tavola , possibilmente, di certo non in giro a giocare, di certo non mentre si guarda la tv, di certo non mentre si fanno i compiti. Al massimo era concessa consumarla durante quei 300 metri da casa a scuola…ma proprio perché tra il tavolo e l’orario….beh l’orario non si poteva sgarrare.
Ma quello che ancora sento … è il profumo. Sono passati 35 anni , ma quel profumo lo sento nel naso, violento e forte come una torta appena sfornata: non è un odore di qualcosa , di un cibo, di una merenda vera e propria. È il profumo della bisonna…e io lo sento tutti i giorni, alle 16.30, quando faccio sedere al tavolo i miei bambini e li obbligo a lasciare tutto quello che stanno facendo per fare merenda.
Perché la merenda, più che una merenda …è un rito. E mi piacerebbe che anche loro, tra 30 anni, ricordassero un profumo, un’immagine, un sapore.